giovedì 3 settembre 2009

SENSO DI COLPA




Il Tempio non è più Tenebre è Luce.
Bagliori di Luce erompono dai portali, dalle ampie aperture del colonnato.
Attirano inondano, illuminano, svelano
e Noi, Uomini, sentiamo, comprendiamo, integriamo.
Attirati accorriamo alla Soglia, c’aspetta, da sempre, La Presenza.

Luce, Luce, Luce
che ci abbaglia, ci riempie e noi… c’immergiamo nella Luce, pulsiamo della Luce di questo Tempio che siamo.
Anche gli antri, lontani, s’illuminano.
I nostri io ancestrali, abbandonati, quando il mondo ci ha invitati per un’esistenza che c’illudevamo meno faticosa.
Abbandonati, ma lasciati al loro buio, il nostro buio.
Parti di noi da tempi lontani nelle tenebre.
Adesso Luce.


*** ***


E mentre io mi perdo nel cuore dell’altro
dimenticando le mie parole
in me risuonano le sue parole.

Cristalli di luce, fili di perle che riflettono
suoni parole Credo.

In me, tra il buio dei territori sconosciuti
e l’immediatezza dei campi già attraversati,
risuonano e rischiarano parole
che mi riempiono.

L’altro s’è perso in me
mi parla
e io, ascoltandolo,
ritrovo la voce del mio cuore.


“Perché, esisto, sì esisto! Esisto su ciò che tu senti come una morte, lo so. Ma tu, mamma, l’hai voluta questa vita che sono, non te lo ricordi?
Tu mamma che, adesso, immediatamente, appena percepisci in te la mia vita, ti spaventi, tremi, trepidi.

Tremi per te che, da adesso, non sei più solo te stessa. Tu che, comunque, hai voluto lanciarti nell’avventura di essere, per sempre, totalmente data. A me. Al tuo uomo che, senza timori, s’è dato a te, perché tu sapervi cosa farne.
Da adesso il tuo tempo non è più solo tuo, così il tuo spazio, questo temi e avverti già, nella tua ansia gravidica, questi pensieri che vorresti nascondere a te stessa, quasi fossero troppo egoistici.
Invece, mamma, è sacrosanto che tu mi tema: sarò una tale rompiballe che sì, ti ruberò il tempo, lo spazio, la testa, i baci, le carezze e il cuore.
Ti toglierò il sonno, ma più del sonno ti toglierò l’appartenenza a te, la tua esclusività.

Queste le tue paure, mamma, talmente fatte carne, così intense, che io ho conosciuto una sostanza acida, tagliente, mortale, quasi una morte che sentivo rivolta a me, che non ho potuto fermare. Io succhiavo tutto.
Mamma, questa cosa in me è diventata veleno, odio che, già mentre ero nella tua pancia, ha cominciato a galleggiare dentro le mie tenere vene, dentro al mio sentire.
Ero così inerme, impotente, mi sono alimentata di questa sostanza, con essa mi sono costruita, ecco perché questo odio per me stessa è così profondo, uno con me.
Ecco perché poi mi sono ammalata.

Ma anche tu eri impotente sulle tue paure, infatti già trepidavi per me.
Trepidi per me. Perché vedi, senti tutto il tumulto dei tuoi sentimenti e già, mentre me li lanci contro, ti chini su di me, quasi a voler proteggermi da tutte queste forze che, attraverso te, disordinatamente, prepotentemente, mi raggiungono.
Perché intuisci la loro forza, mentre ancora non sai quante sostanze d’amore mi giungono da te e quante risposte d’amore, continuamente, io già, pur piccola come sono, riverso su di te.
Oggi so che quello che chiamavo “odio” è molto molto più luminoso di ciò che credevo di aver succhiato, è latte e miele.
Noi due… un universo.

Sensi di colpa: quante acque rumoreggiano dentro me. Quanto scorrere, scolpire, sbattere, squassare, in balia di un tumulto e io, impotente, contesa in questo mare tormentato.
La tempesta in me, ancestrale, archetipica, perchè?

Ecco, lanciati nel mare della vita per essere naviganti.
Per dire: “Fermati vento, fermati mare… dei miei sentimenti!”.
La rotta nascosta, misteriosa, ancora non conosco la mia stella.
Sto, in un mare di possibilità.
Con te mamma, comincerò ad imparare a navigare.

Sensi di colpa… dialoghi non potuti, schermaglie, abbracci, amori confusi, prenatali, le nostre piccole potenti scaramucce, i nostri primi giochi.
Il nostro universo da imparare a condividere.
Perché il tempo e la fatica li ha stampati in noi come dolore? Paure?
“Genesi”… il primo senso di colpa, la macchia, il peccato… è solo un pensiero che nasconde la nostra immacolatezza, la nostra vera, sola, autentica natura.

Il nostro primo amoreggiare, figlia-madre come una colpa, radice di tutte le colpe?
È un dare la vita, mamma, e la vita è inesauribile, né tua né mia, prendiamone a piene mani.
Sciogliamoci da questo nodo ancestrale, origine di tutti i sensi di colpa: religiosi, morali, etici, sociali, ecologici, che prendere sia un rubare la vita che vuole darsi.

QUANDO PRENDIAMO, QUALSIASI COSA PRENDIAMO, NOI APPREZZIAMO LA VITA.
NOI ONORIAMO LA VITA PROPRIO IN CIÒ CHE PRENDIAMO.

Quando prendiamo nessun altro viene rapinato, é sempre all’Universo che attingiamo e l’Universo vuole darsi.
Ecco dove l’Universo trova il suo senso e noi in lui.

Figlia - mamma: così il nostro essere creazione per il nostro essere creatori.


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