venerdì 4 settembre 2009

IMPERMANENZA


Isole,
possiamo toccarci
non fonderci
“siamo”.

Il respiro della vita
dà vigore alla mia carne
e mi commuove.
Lo sguardo
trepido
sorveglia
quali possibili passi,
segnano le nostre strade.

Nulla resta nelle mani.

Qualcuno scruterà
i solchi della fatica
saprà
che non camminiamo invano.


*** ***


Fuori dal bisogno di attrarre nella mia coscienza Dio.
Il silenzio consuma anche l’ultima parola,
l’estremo ancoraggio.
Chiamarlo Dio è utile per fare un miglio tra noi
ma, l’ultima illusione si solleva
e tu m’appari,
dal vuoto e dal silenzio,
come colui che vuole semplicemente esistere
in ciò che ogni istante È

e mi ri-conosco.



Lei, l’altra donna, che ogni volta mi detronizza dalla mia certezza che lui sia mio.
Lui che tiene per sé una Parte di sé, da viversi oltre me.
Ringraziare quanto posso ringraziare, per essere ancora qui a lasciar passare l’amore, a non chiudere. Lei è una Tenebra/Luce in me.
“Eppure… posso avere, godere solo ciò (persone, cose, conoscenze) che ho dentro di me e come le ho dentro”.

Vissuta al livello dei sentimenti l’impermanenza è viversi l’altalena di esistere/non esistere, di avere/non avere l’altro, di conoscere/non conoscere le sue strade e i suoi porti..
Stringere tra le mani - aprire le mani: il vuoto, eppure… sapere di aver vissuto intensamente.

L’IMPERMANENZA È UNA CHIAVE.
OLTRE IL LIVELLO DEI SENTIMENTI, DEL POSSEDERE, DELLE CERTEZZE, CI PERMETTE L’ESPERIENZA DEL NULLA, PERCHÉ CI IMMETTE NELLA CONSAPEVOLEZZA INDEFINITA NEL TUTTO IN CUI SIAMO, CUI ATTINGIAMO MA CHE NON CI APPARTIENE.

Ogni cosa, ogni situazione È per quello che è: senso del limite, che ci permette di toccare la vastità delle possibilità. Cogliersi oltre il limite della cosa e del momento, nell’apertura incondizionata a quanto la Vita vuol viversi in noi.
Cogliere nuove Parti di me che bussano per esistere e sperimentarmi in esse sapendo che, sempre, c’è altro e che solo il piacere o la paura mi trattengono qui, in ciò che già sono, allora ecco la forza dell’impermanenza che mi spinge oltre…
Ogni attimo è nuovo, può anche contenere qualcosa del passato, ma posso anche permettermelo totalmente nuovo e diverso.
Saprò volare così alto? Voglio volare alto!

Anche la sofferenza ora trova uno sbocco e se ne va. In fondo è un modo di vivere la forza e, se comincia ad uscire, posso guardarmi in questo mio esplicitare una forza.
Quando sono consapevole che sto sperimentando un’energia perché sento la forza e, allo stesso tempo, anche si scioglie, si dissolve dinanzi a me. Perché è la forza della mia intenzione che tiene insieme le energie, le essenze e fa essere le cose. Nella cosa che “è”, che si scioglie e si ricompone davanti a me, colgo l’essenza, l’idea, il pensiero che fa essere la cosa.
Andare dalla cosa all’energia e viceversa. Non fermarsi all’avere in mano solo l’energia, né solo la cosa (persone, eventi) ma, averle in mano le cose e vivercele! Nel vissuto ritrovo forze e ideali. Poi, uscire, fare il distacco dall’idea e dal sentimento, qualunque idea o sentimento, qualunque persona che sta davanti a me, godere la cosa nell’istante e oltre, verso nuovi vissuti e nuovi distacchi.
Ecco il movimento, gli strumenti, le strade per raggiungere le persone, le cose, gli eventi: per un ideale, per le forze, ma anche solo per avere in mano le cose e vivermele .
Godere l’universo che sono. La creazione che mi sono donata, sempre nuova.

Energie… cose… vita da vivere.
Godere quell’Eden da sempre messoci a disposizione da un Dio che ci vuole Signori del nostro Giardino.
Quella parte di noi stessi/Creatore che ci dice: “La mia Gloria sei Tu”.

Tutto ciò che credo mi sia mancato nella vita: amore, affetto, luce, mezzi, salute, risorse…
Lo spazio/l’istante di separazione tra me e quello che cercavo di avere è l’impermanenza.
Avvertire il limite, la mancanza di amore, d’affetto, luce, mezzi… mi fa sentire il limite di ciò che sono, di ciò che posso avere: è sperimentare l’impermanenza.
Stare nell’impermanenza è viversi nel Tutto.
Ho vissuto una “mancanza di” ma era… “presenza di altro”.
Oltre il limite del mio “essere, adesso, questo” e del mio “avere, adesso, questo” c’è il Tutto che adesso mi è indefinito, tanto che lo avverto come Vuoto, ma c’è e verso esso sono protesa.
Nel momento che dico “c’è”, lo sento, lo riconosco, sono nella consapevolezza indefinita.
E tutto arriva negli istanti nuovi che creo.



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