martedì 1 settembre 2009

GIOIA






Sulla battigia
ma ancora in acqua

sarà un’onda più forte
a lasciarmi sulla spiaggia.

Si può parlare della gioia? Che cosa si può dire? Penso che, ancora una volta, si può solo accennare a come si vive.
Il passaggio verso la gioia è un continuo “ascendere” e “cadere”.

L’ho visto, l’abitare tra le mie montagne. Mie? Le montagne e basta, mie e di quanti se le godono da sopra, dal piano, da buchi e caverne.
Sì perché se è avvincente e gratificante, ti fa sentire un Re, stare sulla pietra più estrema della punta di un monte e sapere che ora, per un attimo, sei tu che fai più alto quel monte, altrettanto avvincente, e certo appassionante, è andare negli abissi della montagna.

Viene prima la paura, l’apprensione o il mio passo? O l’ascolto e lo scrutare il buio?
Perché sì, mi prende questo scendere dentro la pancia della balena, e so che non mi tirerò indietro perché la sfida mi vince, sempre, e così mi piace.
Ma che scotto pago alla mia ansia, al sospetto sempre alto che qui al buio ci sia il pericolo: un animale, una frana, un buco, che altro?
Tutto immagina la mia mente, tutto e di più, animali grossi quanto inesistenti. Terremoti improvvisi, gas, bolle di vuoto d’aria che mi possono risucchiare, crepacci e pozzi oscuri, taglienti e profondi. Per ognuna di queste immagini le mie reni scaricano torrenti di adrenalina, sento il mio sentire andare alle stelle quanto ad intensità, il cuore in gola, chi vincerà, io o il mio pensiero di paura?

Questa è la sfida, mentre i miei piedi, le mie mani e le corde, le bombole d’ossigeno, il casco, le pile, le tute e quant’altro, tutto mi porta serenamente e tranquillamente laggiù per farmi incontrare la mia curiosità e il mio gusto di arrivare tanto in alto quanto in fondo. Ma i pensieri di mostri, belve, disastri vorrebbero essere più forti delle reali risorse, gadgets e strumenti che la vita ogni giorno mi dà.
Chi vincerà?
Ma, in fondo, chi me l’ha fatto fare di avventurarmi fin quaggiù?
Per vedere cosa? Pietre buie e caverne che si aprono di qua e di là, canali che non posso controllare e che solo accentuano e ingigantiscono il mio senso di piccolezza, di impotenza, di nullità di fronte a questo mondo di freddo, vasto e sconosciuto in cui, ennesima paura… potrei perdermi.
E non rivedrei più il sole e i miei figli, e il mondo, ecco, assalita da un altro grumo di ansie e paure.
Quanto è vasta la mia mente! E quanto è profonda! Ma come fa ad avere sempre e sempre un pericolo in più da mettermi davanti? Da vivificare; un fantasma in più da tirar fuori da quel pozzo senza fine e senza fondo del mio meccanismo di paura.

E ora… sono quaggiù, in anfratti e dirupi di freddo e paura che non sapevo di essere, tanto oscuri e tenaci da lasciarmi qui, in questo cunicolo oscuro.
Avanti non si va, troppa ora la paura, e indietro?
Non sia mai! Devo arrivare in fondo, non desisto, mi fermo un po’, sto qui appoggiata a questa roccia, no, prima controllo: insetti, animali, serpenti, acqua, veleni del profondo, sembra tutto a posto, qui il terreno è asciutto, mi fermo un po’ e cerco di chiudere gli occhi, solo un momentino. Mi ascolto un po’, mi sposto e ascolto attorno a me… silenzio umido e silenzioso. Quasi non ci fosse nulla in questo silenzio. Aspetta, un rumore lontano, continuo ah, è acqua che scorre, ma piano, non dà fastidio, non interrompe il mio stare un po’ serenamente ferma qua, in fondo a questo tratto di abisso che sono riuscita a percorrere.
A conquistare?
Non so ancora, non sono del tutto tranquilla, troppo alta ancora la tensione e l’allerta.
Aspetto un altro po’, quando riuscirò a respirare tranquillamente, ad allungare le gambe, mettere un braccio per terra, poi tirar fuori un panino e addentarlo, allora sì, posso dire che per qualche momento, questo anfratto della montagna è conquistato.
E così anche questa profondità del mio cuore.
Poi, tornerà l’attenzione e la veglia attiva, poi si vedrà, prendiamo i momenti uno alla volta. Qui sotto tutto si miniaturizza, il sentire, lo stare, il respirare, qui bisogna stare sul momento, qui ti rendi conto che non c’è prima o dopo, c’è solo questo momento, questo respiro, questa postura. Tutto il resto viene dopo, nel prossimo momento, mentre ciò che è stato, è stato.

Mi sto abituando a questo buio. Vedo, o meglio percepisco, sento, avverto che sono viva, solo mi mancano le parole, i parametri per spiegarmi come sono viva quaggiù.
Ma fa niente se non posso spiegarmelo.
Anche questo è un utero, anche questo è mondo… anche questa sono io.
Oh, sono arrivata quaggiù e più in là, più in fondo ci sono altri “quaggiù” ancora più profondi. Come sono arrivata qui, sarò anche là.
Avevo sempre visto questo abisso dal bordo. Lo ascoltavo, ponendoci le mani sopra, e tirava! Che energia, che attrazione, quale e quanta curiosità e attenzione accendeva in me!
Oggi ci sono, per ogni cosa c’è il suo oggi, il suo momento.

Seduta qui, in fondo al mio abisso, perché ho sempre avuto tanta paura di qualcosa che è vivibile?
Questa parte oscura di me stessa è meno tenebrosa di quanto temessi.
Eppure non sono tranquilla, di me ho altri ricordi, non è sicuro che tutte le presenze siano queste.
Mi sento dentro una pancia, tutte queste anse, cunicoli; questo color terra, indistinto, melmoso, è insidioso. Cerco di fare il silenzio anche dentro ai miei pensieri perché ho bisogno di tutta la mia attenzione, voglio ascoltare più precisamente questo luogo.
Il mio orecchio si fa più attento, mi concentro su questo silenzio, in esso separo lo scorrere dell’acqua che chissà dov’è e sì, c’è un altro rumore in questo che sembrava un silenzio abissale. Ovvero c’è un movimento in queste pareti di roccia, anche la terra sotto i miei piedi si muove, ha un ritmo, un salire e scendere cadenzato, sembra animato da un respiro questo luogo.

Ecco di nuovo il cuore in gola, più di prima perché ora so che il pericolo non solo può essere accanto a me, dietro l’angolo, di più, sono avvolta da qualcosa di misterioso che mi minaccia e ci sono seduta sopra! dentro! Mi sento persa, sono nel ventre del pericolo, sono già stata fagocitata dalla minaccia, mentre io, ingenuamente credevo di essermi creata tutte le protezioni.
Angoscia.
I pensieri schizzano nella mia mente e il cuore… va per conto suo.
Sto, le gambe sono bloccate, arresa alla paura.
Mi rendo conto che ancora sto, aspetto il momento, l’evento che mi travolge.

Ancora sono qui, io e la mia immane paura, non è accaduto nient’altro. Intanto sento questo impressionante respiro che mi sovrasta e spaventa.
Sto, sono invasa da questo respiro, dominata da questo sollevarsi e abbassarsi di pavimento e pareti, del mio corpo dentro a questo ventre di balena. Sono un tutt’uno con questo respiro della terra… e l’impotenza. Sono nel corpo di una bestia. Tocco la bestia. No, di più! Sono stata mangiata dalla bestia e la sensazione di qualcosa di appiccicoso, caldo, avvinghiante mi toglie il respiro. Sono presa… sono persa.
Tento di respirare, mi serve l’aria! Respiro, respiro, ancora respiro.
Questo lo posso fare, è l’unica cosa che dell’istante possiedo, il respiro. Sono viva.
Dentro al ventre della bestia e viva.
È forte l’impressione e il senso di repulsione, ma sono viva.

Ora, un pensiero riesce ad attraversarmi, non mi ha assalito questa bestia, non si muove, sta così da quando sono scesa qui sotto.
Accosto, con timore, la mano alla parete, poi al terreno. Oh, come è forte questo respiro! Ora lo vedo, alla fievole luce della torcia l’alzarsi ed abbassarsi del corpo della bestia. E io dentro! Ascolto, guardo, tocco, scorro la parete, il ventre in cui sono rinchiusa. Continua cadenzato il respiro. Ma non comunica con me, ovvero non vedo come potrebbe farlo, però però io respiro in lei.
Forse comunichiamo, forse in qualche modo lei, la bestia, l’animale sa che sono qua e mi lascia essere.
Oh, mi avvolge questo respiro!
Avverto un senso di protezione, in mezzo a tanta paura. Sono avvolta, protetta, scaldata.
La conosco questa sensazione…
È la pancia della mia mamma! Sono già stata qua! Vengo da qua!
Di colpo qualcosa s’allarga dentro la mia testa, la paura scorre via, un po’ si dissolve, ancora avverto l’ansia di un qualcosa di forte che ho sentito, ma mi sto rassicurando. Una sensazione di tregua, di pacificazione sta emergendo e mi lascia vivere.
Il mio pensiero si fa più tranquillo, continuo a toccare queste pareti, so che sto respirando e comincio a dirmi che non mi mangerà questo ventre, non mi dissolverà. È la mia mamma!
… …
Quante volte nelle mie notti di paura gratuita e sconosciuta mi dicevo: “Questa bestia dentro me! Questa forza che non mi fa dormire!”, ora mi appoggio a queste pareti di carne, ci dormirò dentro.

La bestia… la mia natura ancestrale, da sempre respiro in lei.

Benvenuta, mamma, nella mia consapevolezza!

Ora qualcosa attira la mia attenzione, s’impone su quello che sembrava un unico silenzio, anzi vedo, noto una bruma, un vapore, sono immersa in un vapore, tante goccioline tiepide che stanno inzuppando i miei capelli, alzo il collo della giacca a vento.
Respiro ora in questa nuvola bianca che, chissà perché solo ora noto. Ascolto, lo scroscio non è poi tanto piccolo, ora avverto uno scorrere forte di acqua, ora mi spavento di nuovo.
Innanzitutto il mio sistema dall’allarme si mette in funzione, come sempre; ora un po’ lo lascio fare e già lui mi porta pensieri di fiumi in piena che potrebbero travolgermi.
Uff, questo sistema di difesa sempre così sopra le righe!

Aspetto col cuore che batte, poi quando mi sarò un po’ un calmata andrò a vederlo questo fiume d’acqua.
M’avventuro, pila accesa, bastone per farmi strada…
Come, addirittura uno spiraglio di luce arriva da un cunicolo stretto stretto, lungo, che sale al cielo aperto molto sopra di me. L’ansia aumenta, ora il mio sistema deve ristrutturarsi su queste nuove coordinate e dirmi che, ok ok, anche da questa nuova postazione posso essere tranquilla, nessun pericolo.
Intanto respiro con la pancia della mia mamma.

Avanzo, il raggio di luce fa balzare le goccioline d’acqua, seguo il rumore, ecco ad una curva delle rocce, il fiume bianco.
Scorre impetuoso, eh sì, fa impressione, potente, chiaro, spumeggiante, signore dell’abisso.
Scorre veloce il fiume, contorce onde di acqua tiepida e bianca, profumata, nuova.
Un brivido… è imponente.
Sono la prima, e sono sola, a vedere quest’acqua che più in là, chissà dove, vedrà la luce.
Addirittura una spiaggetta, anch’essa bianca e fine quaggiù, nella pancia della montagna.
Mi avvicino, supervisiono il tutto e, con un po’ di apprensione, qui mi siedo, in questa calma spiaggia in fondo alla montagna, in fondo alla pancia della mia mamma… in fondo a me stessa.
Oggi mi sento così, nel mio abisso, nelle caverne calde, fredde e umide, mute, ignote del mio abisso, nella mia vita fetale e nelle mie acque.

Intanto… ho davanti, negli occhi, uno stupendo mare azzurro.
Sto vivendo le mie caverne, ma che visione!
Sono a Vibo Valentia in una serena giornata di settembre, i cirri bianchi si rincorrono nel cielo.
Che azzurri, che celesti! E più sotto, appena più sotto il vasto mare, l’ampio golfo di Sant’Eufemia lo contiene discreto.
Il mio sguardo e il mio cuore spaziano nella vastità.
Avevo detto che questo amore apriva l’immenso in me, ora tocco l’immenso e la vivezza dei colori del mondo. Tutto è vicino, quasi toccabile, oggi l’incanto è toccabile, c’è un’abbondanza di mare, di verde, monti, spiagge, dirupi e colline, lo Stromboli acceso e il filo di fumo.
Oggi c’è di più, c’è un universo che trabocca.
I gabbiani attraversano la mia visuale, scorre il vento. È presente e si rende attivo nella mia visione, muove arbusti, foglie e rami.
Oggi i colori sono nitidi, vivi, definiti e accesi.
Davanti a me un vastissimo anfiteatro.
La natura.
Altro? Oh, sì, molto altro.
Sto tra abissi e mari e cieli.
Nelle mie relazioni oggi sto vivendo le mie caverne, le mie forze ancestrali, cieche, e lo so.
Oh, loro… le persone… dei fantasmi, così le ho viste, ovvero la mia mente ha visto i suoi fantasmi.
Le persone, invece, le so belle e solari, così le sento e le penso, così saranno davanti a me al prossimo incontro.
Sono anche seduta accanto al grande fiume delle mie acque più profonde e sempre nuove, respiro la forza delle mie emozioni in tutta la loro vivezza e nudità.
Davanti ho un mondo luminoso.
Queste le mie forze? Queste le emozioni che sento difficili, intense?
Questa bellezza?

QUESTO È L’ISTANTE.

GIOIA.




SEGRETO n. 5: Conferma ed accresce la nostra autostima l’essere consapevoli che: alcune parti di noi e dei nostri vissuti, prima lasciati in ombra o rimossi, sono autentici pregi ed originalità della nostra personalità.

Nessun commento:

Posta un commento